L’EMILIA-LA TERRA DELLE DISCOTECHE intervista a Lollo Immovilli

Intervista a LORENZO LOLLO IMMOVILLI, DJ ED OPERATORE CULTURALE, una intervista sia in lettere che in video (putroppo i primi minuti con segnale wifi debole, poi va molto neglio!) su un pezzo di storia emiliana, quando le provincie di Reggio, Modena, Bologna e Parma erano, con le centinaia di locali, i luoghi più ambiti del divertimento, della NOTTE.

Marco b.: Lorenzo Lollo Immovilli, una esperienza da DJ Mondoradio rock station per decine di anni, una ventina, è uno dei pochi personaggi che si è messo a riflettere sul senso della NOTTE su cosa sia successo nei nostri territori, e la riflessione ha prodotto anche un libro, uscito qualche anno fa: Disco Emilia – viaggio nel mondo della notte, un libro di interviste, di riflessioni, dei personaggi che hanno fatto la notte, comprende anche un DVD.
Nei giorni scorsi, prendo questa scusa ma vale in generale, abbiamo ripreso una affermazione di Andrea Mingardi sul viaemiliarock.it: i DJ hanno ucciso gli orchestrali, racconta della nostra storia emiliana, di come siamo stati tra i primi territori a prendere nell’”aria” il rock end rool poi il bit, con le tante orchestre i tanti gruppi nati allora, si dicevano i complessi, e poi questa ricchezza la mette in qualche modo, contro, -ovviamente è una provocazione ed è una occasione per parlarne con te-. Tanto di questi DJ che hanno ucciso la musica dal vivo cosa ne dici?

Lollo Immovilli: Ma, Mingardi è un riferimento molto importante, la sua è una delle testimonianze più dirette in assoluto di questo cambio di passo che ha avuto il mondo delle sale da ballo fondamentalmente negli anni ’60, ed è vero quello che lui afferma ma era un processo inevitabile, perché effettivamente era molto più semplice per i proprietari dei locali, risolvere la questione ballo pagando semplicemente un DJ che portava con sé i dischi che non sostenere un orchestra che tra l’altro aveva anche molti più limiti per quanto riguarda la proposizione della scaletta musicale, quindi effettivamente il passaggio che è avvenuto negli anni 60 è stato quello che ha segnato in maniera definitiva la fine delle orchestre che facevano danzare e ballare.
Questa tradizione delle orchestre, è una tradizione che nella nostra terra in particolare, è piuttosto antica, è un processo iniziato nelle aie nei primi decenni del secolo scorso, negli anni ’20, ’30 poi diventato un fenomeno imprenditoriale, dalle nostre parti, come non se ne sono visti, almeno dallo studio che io ho fatto, in nessun altro luogo del mondo, in maniera cosi massiccia come è avvenuto nelle nostre provincie intese in particolare quelle di Reggio e Modena. Reggio e Modena in questo senso sono state le zone…

Marco b.: L’epicentro, i territori comprensivi di Parma e Bologna e di un pezzo di Ferrara, ma Reggio e Modena sono le realtà maggiori.

Lollo Immovilli: sono quelle in cui veramente il fenomeno discoteca, per usare un termine che possiamo definire ormai superato, ha raggiunto delle dimensioni tali da essere considerato un record.

Marco b.: Secondo te oltre al dato storico del ballo in sè .. qui c’erano locali da ballo anche prima della cosiddetta “nascita” del mondo giovanile (in particolare anni ’60) c’è un motivo per cui nei nostri territori emiliani c’era una densità, .. centinaia di discoteche anche con dimensioni che non esistevano in altre zone.. basta pensare alla bassa reggiana: piccoli territori con discoteche come il Due Stelle ed il 501 con capienza da qualche migliaia di persone, forse più dei cittadini dei paesi di Reggiolo e Gualtieri.

Lollo Immovilli: il Due Stelle in particolare quando arrivò negli anni ’60 fu una sorta di ufo di dimensioni sopopositate rispetto alla popolazione del paese che lo ospitava, Reggiolo allora non aveva più di 6/7mila abitanti, non ricordo di preciso, la discoteca teneva quasi 4mila persone, lì ci andavano a finire dentro tutti. Il perché me lo sono chiesto tantissimo, secondo me c’è un aspetto, io non sono sociologo però quello che sono riuscito a dedurre è che sicuramente fa parte della tradizione emiliana l’idea della condivisione siamo per eccellenza noi emiliani, e probabilmente proprio noi reggiani, modenesi, siamo anche le patria della cooperazione, quindi il fare insieme, lo stare insieme, è una caratteristica che abbiamo noi proprio nel nostro DNA, l’individualismo è una cosa che da noi si fa una certa fatica digerire fino in fondo a differenza di zone quali possono essere quelle lombarde o altre regioni. Quindi questo aspetto ha giocato sicuramente a favore, non per niente qui sono nate anche le grandi feste dell’Unità e appunto il ballare nelle aie, il fatto che il divertimento è una cosa collettiva

Marco b.: scrivi nel tuo libro, nell’introduzione, “godersela da soli non era il modo..”

Lollo Immovilli: No, non va di moda diciamo, anche nel periodo più alternativo, negli anni ’80 in cui certi elementi di individualismo sono arrivati qua da noi anche in maniera molto evidente, però comunque la sera era difficile pensare che tu uscivi, ti muovevi da solo e andavi chissà dove, c’era sempre questa idea che dovevi unirti ad altre persone, e quindi avevi bisogno di locali, poi coso mai non volevi andare nei grandi locali di massa preferivi il giro dei club, perché poi parallelamente a queste grandi discoteche, si erano sviluppati anche tanti piccoli club, ognuno con la sua identità, però comunque dovevi andare in mezzo al pubblico, dovevi andare in mezzo alla gente, questa credo che sia una caratteristica nostra, come testimonia d’altra parte la grande tradizione musicale popolare dell’Emilia, quella che da noi nella nostra provincia possiamo ricordare già dai Violini di Santa Vittoria a come in ogni aia, in ogni cortile, in ogni piazza, ovunque ci fosse musica.
Terzo elemento è che abbiamo una tendenza a costruire delle cose che sono definitive, cioè noi abbiamo costruito delle discoteche come se fossero delle specie di stadi che avrebbero dovuto rimanere eterni o quanto meno vivi per almeno 50 anni

Marco b.: qualcuno li considerava quasi dei templi, templi del divertimento..
Lollo Immovilli: Noi quando costruiamo una casa la vogliamo di mattoni, non la vogliamo di legno, cioè il prefabbricato all’emiliano non gli piace, quindi anche la discoteca non poteva essere una cosa così che veniva ricavata in un garage come certi locali newyorchesi, no doveva essere fatto con tutti i crismi della costruzione, delle cose comode, dei grandi bagni, dei grandi cessi, delle grandi piste, cioè abbiamo costruito dei templi, però non ci siamo resi conto che poi il mondo della notte fondamentalmente è un mondo fatto di tanti aspetti di tante influenze che erano destinate poi a cambiare le abitudini, la socialità, come è successo dagli anni ’90 in poi in maniera radicale.

Marco b.: Però in questo cambio di abitudini in qualche modo il ruolo del DJ si è quasi rafforzato, oggi i DJ sono, alcuni DJ, grandi artisti pagati moltissimo che fanno la differenza, fanno spettacolo loro, è sempre accaduto ma non nelle dimensioni e nei cachet di oggi.

Lollo Immovilli: Non c’è dubbio che dal ’95 fino al 2015 sia stato un ventennio di grande strapotere in campo musicale dei DJ.
Questo è stato un fenomeno mondiale, e inevitabilmente essendoci state tante discoteche dalle nostre parti pure da noi questa cosa ha preso piede, ma qui da noi è rimasta sempre abbastanza viva l’idea di suonare con gli strumenti, l’idea della band, anche se pure questa ormai sta tramontando come realtà, però non c’è dubbio che i DJ l’hanno fatta da padroni. Questo ha comportato in senso generale in campo musicale un certo… non voglio dire appiattimento delle produzioni musicali però diciamo che il DJ per natura è uno che pensa alla musica nella sua funzione notturna sostanzialmente, cioè il DJ nasce perché deve far ballare, poi cambia nel tempo ma la sua dimensione musicale si riferisce alla notte, la musica in senso più ampio è invece qualcosa che va al di là di una semplice fascia oraria. Tutto quello che è uscito o gran parte di quello che è uscito nel mondo dei DJ producer che sostanzialmente è elettronica vive e si concentra, se vogliamo fare una scansione temporale, soprattutto nella fascia che va dalle sette di sera alle quattro del mattino, e questo ha creato un certo appiattimento, Forse è un discorso poco lucido quello che sto facendo perché non riesco neanche io a codificarlo fino in fondo, però essendoci stato questo strapotere non solo dei DJ come figure ma anche dalle produzioni fatte dai DJ, quello che manca soprattutto nel nostro paese negli ultimi anni è una dimensione con respiro più ampio.

Marco b.: Ti riporto al passato ad una cosa che non mi spiego, i giovani degli anni ’70 ’80, andavano in discoteca anche 2/3 volte a settimana. Sarà cioè cambiato culturalmente il paese però anche la voglia di incontrarsi, la voglia di stare assieme, ha subito una modificazione straordinaria rispetto al modo di comportarsi e di rapportarsi con l’altro.

Lollo Immovilli: in 20 anni, se ragioniamo sugli ultimi 20 anni non possiamo fare finta che non sia cambiato, è cambiato in maniera radicale, e il mondo della notte se così lo vogliamo definire o il divertimento, del ballo, delle discoteche possono essere considerati un termometro, totalmente trascurato, perché bisogna anche dire una cosa: uno andava in discoteca perché gli piaceva un certo tipo di musica, perché gli piaceva ballare, però fondamentalmente andavi in discoteca perché volevi stare in compagnia, perché cercavi le ragazze, le ragazze cercavano i ragazzi. Come è possibile che questo abbia lo stesso senso oggi quando ormai il 90% delle relazioni ce le giochiamo attraverso i social, cioè non c’è più questa urgenza: il ragazzo di Bagnolo che voleva andare a ballare, cosa faceva? finiva di lavorare e se voleva incontrare qualcuno doveva andare dentro la discoteca.
Adesso c’è tutto questo elemento di socialità se la vogliamo definire virtuale, che io non considero né positiva né negativa in questa chiacchierata che stiamo facendo, in questa mia analisi, però sicuramente tutto ciò ha cambiato molto per quanto riguarda l’idea di frequentazione di luoghi.
Ora non puoi più chiuderti in un luogo come può essere una discoteca dove non puoi avere un telefono in mano, cioè è più semplice girare per un aperitivo tra un bar ed un altro, perché tu mi mandi un messaggio, io so che posso venire lì, incontrare te, mi arriva un altro messaggio posso andare da un’altra parte ad incontrare qualchedun altro piuttosto che non chiudersi in un luogo dove devo stare li, casomai pago un biglietto, una volta che sono li dentro ho la sensazione, probabilmente anche sbagliata, di non poter più aver un contatto con il resto del mondo, come ho invece quando sono in giro per le vie della città.

Marco b.. Del resto anche in una situazione molto diversa come quella della costa romagnola mi pare che le discoteche che tengono il mercato siano quelle sulla spiaggia.
Lollo Immovilli: Esattamente anche li è cambiata in maniera radicale perché anche li è più easy, è più easy il passaggio da un locale all’atro, da un luogo all’altro, non ha più importanza che io mi prepari, mi vesta, mi tiri in un certo modo per andare in un posto, se una volta era un fenomeno di massa oggi nei pochi locali che sono rimasti perché la gente che va li cerca proprio quel tipo di dimensione, quella specificità che un locale può offrire, cioè cerca il distinguo. L’aspetto invece di massa comporta tutto un altro modo di stare insieme rispetto ai 5mila dentro ad una discoteca, perché si arrivava anche a 5mila perché avevano una capienza di 3mila ma poi ce ne mettevano dentro 5mila.

Marco b.: quello che ci stava ci stava! Ecco allora l’ultima domanda è cosa è rimasto nei nostri territori di essere stati capitale della notte, del divertimento.Abbiamo parlato delle discoteche in modo semplificato riferito solo al ballo, mentre mi ricordo che negli anni ’70 ’80 molti concerti si tenevano in discoteca, c’era anche una presenza di grandi artisti, buona parte dello spettacolo si misurava con questi spazi, quindi non solo un pezzo del divertimento ma era quasi il luogo. Cosa ha lasciato al territorio, oltre ad alcune macerie e luoghi chiusi che vediamo?.

Lollo Immovilli: Riprendendo quello che stavi dicendo bisogna considerare che fino agli anni ’70 anche fino agli anni ’80 i palazzetti dello sport non ospitavano in Italia i concerti, quindi queste discoteche e soprattutto le discoteche nostre, vista la capienza che avevano, erano dei luoghi straordinari per ascoltare la musica dal vivo. Una discoteca ben strutturata ti dava la possibilità di vedere ed assistere meglio ad uno spettacolo che non in un palazzetto, dove casomai eri nell’ultima fila in alto. Anche l’audio, e questa è stata una funzione ed un elemento di diffusione della musica dalle nostre parti, perché poi in quegli anni tra il MAC 2 e le discoteche come il DUE STELLE, poi ovviamente il PICCHIO poi il MARABU’ ci son passati tutti da lì, tutti i grandi musicisti. Che cosa è rimasto? Da un lato è rimasto una sorta di triste sentimento nostalgico e tutti quelli che sono over 40 continuano a rivendicare questo aspetto che una volta ci si divertiva di più, perché una vota c’erano le discoteche, alcuni addirittura auspicano che tornino queste discoteche.
Poco tempo fa è stato venduto l’immobile del MARABU’ qualcuno ha scritto subito il Marabù riaprirà! Cose se così magicamente nel tempo… poi non si sa mai i cicli, quello che succede nella vita, semmai nel post Covid si ha veramente voglia di tornare in 4mila dentro ad un locale. Questo aspetto nostalgico preferirei ormai fosse messo un pò da parte, perché che ci siano ancora 3/4 generazioni di uomini e donne che rimproverano i ragazzi di non sapersi divertire come ci si divertiva un tempo, mi sembra un po’ esagerato.
Io credo che ci sia della dimenticanza, le nuove generazioni non sanno questo, non lo sanno e sotto il profilo musicale, (non è un problema solo nostro) non c’è una eredità, perché non c’è un fermento in questo periodo, un fermento diciamo così creativo, artistico, musicale degno di nota, non c’è più neanche una scuola come dire emiliana, che c’è stata per tantissimi anni, ma se andiamo a vedere adesso è molto ridotta all’osso. La dimensione del DJ comincia a scricchiolare, anche dalle nostre parti, perché poi essendoci meno locali anche le figure dei DJ sono sempre minori, quindi direi che da questo punto di vista ci stiamo u pò allineando con il profilo modesto che è quello italiano, non che all’estero ci siano delle grandi vene creative e musicali, ma c’è molta più materia che non in Italia, in questo periodo in Italia non vedo delle cose entusiasmanti, e che cosa è rimasto? Sono rimaste le macerie di alcuni locali che sono ancora lì come musei abbandonati come elementi di archeologia architettonica quali il Marabù che per qualche anno auspicavo, speravo potesse diventare una sorta di museo del divertimento reggiano anzi del divertimento emiliano, ma come si sa questo tipo di progetti in Italia è molto difficile realizzarli.

Intervista di Marco Barbieri,
grazie all’assistenza tecnica/video di Simone Merciadri